REFERENDUM TRADITO Assalto all’acqua

REFERENDUM TRADITO Assalto all’acqua

16 Dicembre 2012 0 Di Pier

Con il referendum del giugno 2011, la maggioranza degli italiani ha espresso in modo inequivocabile di non volere la privatizzazione dei servizi pubblici, in primis l’acqua pubblica(vedi postE dopo il referendum?”), ma in pochi mesi abbiamo avuto conferma delle nostre previsioni: la classe politica e tutti coloro che volevano mettere le mani sul business dei servizi pubblici non volevano desistere.

Nell’autunno 2011 il governo aveva inserito nella manovra finanziaria una norma che riproponeva nella sostanza quanto stabiliva l’articolo 23 della legge Fitto-Ronchi abrogata dal referendum (vedi post “E il referendum?”). Inoltre nel giro di pochi mesi era stata emanata una norma per commissariare i sindaci che non privatizzavano i servizi pubblici locali, in diversi casi la politica locale aveva continuato imperterrita a privatizzare (vedi post “Il referendum tradito 1”) e il Fatto Quotidiano aveva scoperto che i gestori privati dell’acqua si erano fatti dare da Giulio Napolitano, esperto del settore, un dossier su come era possibile ignorare il risultato del referendum (vedi post “Il referendum tradito 2”).

Inoltre con il decreto liberalizzazioni, il governo Monti aveva rafforzato le norme relative alla privatizzazione dei pubblici servizi del pacchetto anticrisi di Tremonti, che a sua volta riprendeva la legge Ronchi Fitto abolita dal referendum (vedi post “L’assalto all’acqua”), senza procedere all’abrogazione del 7% di “remunerazione garantita del capitale investito” presente tuttora nelle tariffe del servizio idrico e cancellata dal referendum.

Il luglio scorso, la consulta si era espressa contro le norme sopra citate e le aveva dichiarate incostituzionali, restituendo ai comuni il potere decisionale sulla gestione dei servizi pubblici locali (vedi post “Si pronuncia la consulta”). Una vittoria per tutti i cittadini e una battuta d’arresto ai piani di imprenditori, società di gestione, multinazionali e classe politica.

La tregua è stata breve, ci risiamo di nuovo

Con il decreto “Salva Italia”, un anno fa il governo Monti ha affidato all’autorità per l’energia e il gas la gestione delle tariffe dell’acqua e quando nei giorni scorsi quest’ultima ha presentato il nuovo metodo per calcolare il costo del servizio idrico, ci siamo ritrovati quel 7% di “remunerazione garantita del capitale investito” abrogato dal referendum, ora chiamato “oneri finanziari sul capitale immobilizzato”. In sostanza il margine di guadagno garantito si sposta dall’investimento industriale al mondo finanziario che lo sostiene.

I comitati per l’acqua pubblica, promotori dei due referendum dello scorso anno, sono stati i primi a rilevare il tentativo dell’autorità di far passare la remunerazione del rischio d’impresa come una voce di costo della gestione. Inoltre con questo nuovo metodo definito dall’autorità, vengono garantiti alle società di gestione i costi non previsti dai piani di investimento e tutto questo ha valore retroattivo, cioè a coprire quel 7% abrogato dal referendum che i gestori hanno continuato a farci pagare in quest’ultimo anno.

Non è altro che l’ennesima violazione del risultato del referendum e l’ennesimo tentativo di speculazione a danno dei cittadini da parte di società di gestione e multinazionali, che non vogliono perdere l’affare dei servizi locali, spalleggiati dalla classe politica italiana che continua nei suoi tentativi di affossare i risultati referendari in dispregio dei cittadini italiani

Perché lo fanno?

Per lucro, il loro scopo è fare soldi a spese della collettività, cioè di tutti noi.

Cosa possiamo fare per evitarlo?

Dare sostegno ai movimenti per l’acqua e far sentire forte la nostra voce.

Qui puoi trovare il forum italiano dei movimenti dell’acqua.

Non dimenticare che le tue scelte di oggi determinano il tuo futuro.

A presto ;D