La disuguaglianza dei nostri giorni
Stasera ci soffermiamo su un aspetto della realtà del nostro presente. Lo spunto lo offre uno studio dell’Ocse dal titolo “Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising” (“Siamo divisi: perché l’ineguaglianza continua ad aumentare”), che ha valutato come è cambiata negli ultimi vent’anni la distribuzione dei redditi e della ricchezza in Europa.
Prima di affrontare i risultati dello studio, direi che è opportuno chiederci: cos’è l’Ocse?
OCSE è un acronimo di “organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico”, è un’associazione intergovernativa con sede a Parigi che raduna 29 paesi che si proclamano ad economia di mercato.
L’Ocse è l’evoluzione dell’Oece, un trattato di cooperazione europea per la ricostruzione firmato dopo la seconda guerra mondiale. A ricostruzione conclusa l’organizzazione si diede un nuovo obiettivo: incrementare gli scambi commerciali nei paesi occidentali e far crescere la loro economia. All’inizio ai paesi europei si aggiunsero gli USA e il Canada, poi successivamente la rosa dei paesi membri si ampliò fino agli attuali 30 membri.
Cosa fa l’Ocse?
L’Ocse offre consulenza agli stati membri e li consiglia nelle strategie da seguire per favorire la crescita economica in una logica capitalistica. E’ un grande centro di studi per la politica economica che all’occorrenza promuove negoziati per il raggiungimento di nuovi accordi internazionali ritenuti utili per la causa dell’economia capitalista. In sintesi lo si può vedere come l’angelo custode del capitalismo in quanto istruisce i governanti su tutte le scelte che influenzano le politiche economiche secondo una logica di mercato. L’Ocse è noto al grande pubblico per le sue pubblicazioni statistiche e per le sue analisi macroeconomiche. L’Ocse si finanzia con il contributo di tutti i paesi membri pagato in proporzione al pil.
Qui trovi cosa riporta wikipedia, qui una scheda in italiano prodotta dall’Ocse stesso, qui trovi la pagina della nostra rappresentanza presso l’Ocse.
Scusa la noia, ma penso sia opportuno avere un’idea chiara sulla fonte dei dati di cui parleremo. Inoltre ritengo sia opportuno conoscere gli organi sovranazionali che influenzano la politica e di conseguenza la nostra vita quotidiana.
Lo studio in questione ha verificato i dati dei singoli paesi membri e ha evidenziato come la disuguaglianza dei redditi tra le persone in età lavorativa è aumentata drasticamente nei primi anni Novanta e da allora è rimasta a un livello elevato. Se esaminiamo l’Italia in particolare, si è osservato lo stesso fenomeno, ma molto più accentuato, ben al di sopra della media dei Paesi occidentali.
Tanto per dare i numeri, nel nostro paese lo stipendio medio del 10% più ricco è oltre 10 volte superiore a quello del 10% più povero. Inoltre, la quota di reddito nazionale complessivo detenuta dall’1% più ricco è passata dal 7 al 10% negli ultimi 20 anni. In particolare sono aumentati i redditi da lavoro autonomo, più liberi di rivalutarsi mentre i redditi da lavoro dipendente si sono rivalutati molto poco. A questo aggiungiamo che le tasse per i ricchi sono generalmente diminuite, per esempio le aliquote marginali d’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate passando dal 72 al 43%. Inoltre proprio nel lavoro autonomo si concentra la quasi totalità dell’evasione fiscale, fattore non preso in considerazione dallo studio, ma che aumenta ancora di più la disuguaglianza.
Per completare il quadro, lo studio evidenzia come sempre più persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro, riducendo la mobilità sociale tramite matrimonio e una delle forme indirette di ridistribuzione dei beni. Infine evidenzia come i tagli sistematici ai servizi pubblici hanno ridotto considerevolmente la capacità di questi nel compensare la disuguaglianza di reddito.
Si legge nello studio che “la crisi economica ha reso urgente l’occuparsi di temi politici legati alla diseguaglianza”, “I giovani che non vedono alcun futuro, si sentono sempre più disconosciuti dalla società, e oggi si uniscono a manifestanti che credono di stare pagando il prezzo di una crisi di cui non hanno colpa, da cui i più ricchi sono stati risparmiati”.
L’Ocse offre diverse soluzioni attraverso le quali risolvere il problema della disuguaglianza: l’occupazione come miglior modo per ridurre la disparità, l’investimento nell’istruzione, gli incentivi alla formazione professionale, la riforma delle politiche fiscali e previdenziali e l’offerta di servizi pubblici gratuiti e aggiunge un’ovvia considerazione: “La quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni più elevate suggerisce che la sua capacità contributiva è aumentata. In tale contesto, le autorità potrebbero riesaminare il ruolo redistribuivo della fiscalità onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri impositivi”. Che tradotto in parole povere: “chi più ha, più deve contribuire”.
Tutto a posto? No, affatto.
Lo studio non chiarisce su quali siano le cause primarie della disuguaglianza che rileva, al contrario afferma che “la globalizzazione, cioè la rapida integrazione degli scambi e degli investimenti diretti esteri che si é verificata in tutti i paesi dell’Ocse negli ultimi venticinque anni non ha, di per sé, svolto un ruolo determinante nella crescente dispersione dei salari”.
Ammette che “la pressione della globalizzazione ha influenzato la politica interna e le riforme istituzionali”, che “le riforme normative e le modifiche nelle istituzioni del mercato del lavoro hanno accresciuto le opportunità di occupazione, ma hanno anche contribuito ad aumentare le disparità salariali” e che “il progresso tecnologico ha ampliato i differenziali retributivi e i lavoratori più qualificati ne hanno beneficiato in misura maggiore.”
Non fa invece cenno alla perdita di potere contrattuale dei sindacati, alla migrazione dei capitali e delle attività produttive all’estero, alle politiche protettive del capitale e dei privilegi, alla liberalizzazione selvaggia e alla demolizione sistematica delle garanzie legislative, alla responsabilità delle politiche monetarie occidentali e infine alla responsabilità della finanza a cui tutto si è concesso per ottenere più profitto dal capitale.
Perché secondo te non parla di tutto ciò?
Forse, dico forse, perché l’Ocse è in pieno conflitto di interesse. Dopotutto l’Ocse offre consulenza agli stati membri e li consiglia nelle strategie da seguire per favorire la crescita economica in una logica capitalistica. Volendo sintetizzare, l’Ocse favorisce il capitalismo, quindi il capitale e molte delle sue consulenze hanno direttamente o indirettamente contribuito alla diseguaglianza che questo studio denuncia.
Grazie dell’attenzione. Se hai opinioni diverse o contributi non esitare a lasciare un commento. Grazie e a presto.