Dal focus alla presenza

Dal focus alla presenza

13 Settembre 2017 0 Di Pier

Nei post “I 9 sensi e il flusso” e “Il flusso” abbiamo visto come ogni singolo istante il mondo ci inonda con un flusso continuo di stimoli sensoriali. Viviamo in un flusso di informazioni che ci avvolge come un vento di parole, immagini, odori, e così via. La nostra mente cosciente percepisce solo una piccola parte del flusso di informazioni, la maggior parte lo ignora, lo delega all’inconscio, perché non ha il tempo per considerare e valutare una a una tutte le informazioni che la raggiungono.

Nel post “Come funziona l’attenzione?” abbiamo considerato come l’attenzione è la messa a fuoco della mente su un particolare stimolo sensoriale, la temporanea importanza che la nostra mente dedica a una certa percezione.

Nel post “Metti a fuoco la vita” e nel quaderno omonimo abbiamo compreso che il focus è ciò su cui concentriamo la nostra attenzione ed è ciò che determina l’esperienza della nostra vita perché determina la nostra realtà. Il focus, il “centro” della nostra attenzione cambia a seconda del contesto, della concentrazione o del contenuto delle informazioni. Quando l’attenzione viene usata in modo attivo su una porzione ridotta della realtà diventa “concentrazione” e può dirigere gran parte delle risorse mentali sul compito che stiamo svolgendo.

L’attenzione è stata oggetto di uno dei quaderni e di molti altri post di questo blog, alcuni scientifici, altri filosofici. Oggi proviamo a fare un altro passo avanti, cerchiamo di sviluppare uno strumento utile e decisivo se vogliamo vivere una vita consapevole: la presenza.

L’attenzione è come la telecamera della nostra vita, possiamo lasciarla correre nel flusso, seguendo gli eventi della vita in modo passivo, o possiamo guidarla in modo consapevole.

La realtà è quello su cui focalizziamo la nostra attenzione ed è quello che determina il nostro stato d’animo. Le emozioni e le sensazioni che sperimentiamo sono sì determinate dagli eventi della nostra vita, ma anche da ciò che notiamo degli eventi, da come li viviamo, su cosa ci focalizziamo di essi. L’esperienza della tua vita si basa su cosa inquadri con la tua mente e come lo inquadri.

Cambiare focus, guidare la nostra attenzione permette di cambiare stati d’animo e di conseguenza vivere meglio e fare scelte migliori per noi stessi.

Come possiamo farlo?

Semplicemente volendolo, o così dovrebbe essere se fossimo sempre nella piena consapevolezza di noi stessi.

Ascoltiamo i lamenti di un collega, ma invece di lasciarci prendere dal suo punto di vista lo spingiamo a considerare gli aspetti positivi della situazione. Soffriamo per le conseguenze di un piccolo incidente e il dolore vi spinge a tornare al momento dell’incidente o a recriminare, ma sappiamo bene che non serve a nulla rivangare ripetutamente un evento che abbiamo vissuto e già compreso, mentre distogliendo l’attenzione il dolore sarebbe meno intenso.

Ma non sempre è così facile, vero?

Se non riusciamo con la semplice volontà, possiamo guidare la nostra attenzione attraverso le domande che ci facciamo. Le domande che ci poniamo determinano ciò su cui ci focalizziamo e attraverso le domande possiamo spostare la nostra attenzione.

Richiede tempo ed esercizio e dovremo fare i conti con le nostre esperienze passate e con le ferite irrisolte, quindi con emozioni che forse non comprendiamo appieno e sentimenti che abbiamo raccolto durante la nostra vita. Ma anche con i meccanismi automatici che la nostra mente ha costruito per interpretare velocemente la realtà e le abitudini negative che un tempo ci sono servite ma ora sono uno spreco di energie e tempo. Senza parlare delle convinzioni sbagliate sulla realtà e la vita che abbiamo collezionato.

Nel post “Domande che cambiano” abbiamo considerato che nasciamo e ci mettiamo anni per adattarci alla realtà in cui siamo stati partoriti, poi ci mettiamo anni per adattarci al mondo dei nostri genitori e della società in cui viviamo, trascinati in un tornado di cambiamenti che da neonato ci fanno crescere vorticosamente per poi lanciarci nella confusione cacofonica di un’adolescenza che sembra una tragedia comica recitata da stupefatti naufraghi tra maree ormonali.

Prima di capirci qualcosa ci scopriamo adulti e ci troviamo in un mondo di ipocriti e mentitori che non sanno cosa fanno, dove vanno, cosa vogliono e perché. E ci mettiamo anni per scoprire che la vita non è come ce l’hanno raccontata. Non è come ce la raccontano i nostri genitori, la scuola, la chiesa, la società, i media, i politici, anche i nostri amici, di solito confusi e sviati quanto noi. La vita è di fronte a noi, dentro di noi, eppure ci hanno insegnato a vederla non per quella che è, ma per quella che altri pensano che sia o vogliono che noi pensiamo che sia.

Per riuscire a vedere la vita per quella che è la soluzione è sempre la stessa: usare la testa e prestare attenzione alle cose importanti facendosi le domande giuste.

Nel post “Farsi le domande giuste” abbiamo visto che le domande possono essere buone e motivanti, utili e chiarificanti, ma anche negative e vuote, demotivanti e ingannevoli, capaci di imprigionarci in pensieri circolari che sprecano le nostre energie. Per esempio non dovremmo mai chiederci “perché capita sempre a me?”, oppure “perché non riesco mai a farlo?”, perché la domanda contiene in sé un giudizio negativo implicito. Mentre dovremmo porci domande come “cosa posso fare per ottenerlo?”.

All’inizio non è semplice, ma con l’esperienza le domande verranno più facilmente e l’attenzione rimarrà più a lungo dove vogliamo che sia. Scopriremo anche che non tutte le domande sono efficienti, che in certi momenti è meglio non usare il perché, ma il cosa e il come. Scopriremo anche che ci sono domande potenti ed efficaci che vale la pena raccogliere e usare tutti i giorni, così come ci sono modi sbagliati di porci le domande.

Dedicheremo due post sulle domande da porci e quelle da evitare, ma stasera voglio proporti un altro modo per guidare la tua attenzione: trasformarla in presenza. Come? Concentrare l’attenzione su di sé. La presenza è la consapevolezza di sé qui e ora, essere presenti, ricordarsi di sé.

La presenza è potente, ci spinge a conoscerci, a cambiare, ci apre prospettive e potenziali che non conosciamo o intuiamo solamente. Passiamo la vita immersi nel flusso, dimentichi di chi siamo mentre facciamo mille cose, mentre viviamo inconsapevolmente, senza sapere dove andiamo e perché.

La presenza si ottiene osservandoci, in silenzio, senza giudicare, senza lamentarci, osservando chi siamo, cosa facciamo, cosa pensiamo, cosa proviamo. Conosceremo meglio noi stessi e impareremo cose che ci stupiranno sul tempo e sulla realtà.

Inizia oggi, rivolgi l’attenzione su di te, osservati e ascoltati in silenzio senza pensare o giudicare. All’inizio sarà difficile, all’inizio ti distrarrai dopo pochi secondi o minuti, ma non desistere, continua e un poco alla volta imparerai a farlo per tempi lunghi, imparerai a farlo mentre fai altro, mentre vivi e parli, e inizierai a vedere con chiarezza crescente aspetti di te che non conoscevi o che conoscevi poco.

Che sei fatto di molte parti che quando lavorano insieme ottengono risultati sorprendenti, che i pensieri e le emozioni proliferano al di fuori dal tuo controllo, che c’è altro in te oltre a quello che gli altri vedono e che la società vuole da te.

Dirigere l’attenzione verso di te, osservarti senza coinvolgimento farà crescere la consapevolezza di te e la tua presenza nella vita. E maggiore sarà la tua presenza maggiore sarà la tua capacità di prendere decisioni efficaci.

Torneremo presto ad approfondire questo tema. Per stasera finiamo qui. Se vuoi esprimere la tua opinione non esitare a lascare un commento.

A presto ;D