
Cos’è l’autorevolezza?
Ognuno di noi impara cosa sia l’autorità molto presto nella vita. Sono i nostri genitori a insegnarci il significato di questa parola, con l’esempio di fronte a un’autorità superiore ed esercitandola su di noi, cioè imponendoci regole e comportamenti con la forza, non importa se fisica o psicologica.
Il termine autorità deriva dal latino, auctoritas, e indica “il potere determinante che la volontà di una persona esercita (per forza propria, per consenso comune, per tradizione, ecc.) sulla volontà o sullo spirito di altre persone” e contemporaneamente indica “la posizione di chi è investito del potere, tutelato dalla legge, di emanare atti vincolanti l’attività dei destinatari”.
Perché rispettiamo l’autorità?
Come abbiamo visto nei post “Questione di autorità” (qui e qui), sin da piccoli veniamo educati a pensare che obbedire all’autorità legittima è giusto e doveroso, mentre disobbedire è sbagliato. Pensaci. Veniamo istruiti a obbedire alla maestra, ai grandi, a rispettare le regole e più tardi la legge. Per insegnarcelo veniamo puniti se sbagliamo, con un rimprovero quando siamo piccoli, con la disapprovazione sociale quando siamo grandi, a cui si aggiungono punizioni più concrete, per esempio, multe, arresto, prigione.
L’evoluzione ci ha spinto al rispetto dell’autorità in quanto permette all’uomo di organizzarsi, crescere e suddividere i compiti, rendendo possibile lo sviluppo di una società evoluta, capace di realizzare strutture complesse per la produzione di beni, il commercio, la difesa, l’espansione e il controllo sociale.
Se tutti facessero come gli pare, certi tipi di organizzazioni sociali non esisterebbero e con loro non esisterebbero i vantaggi che portano. Per esempio, non ci sarebbe stata l’evoluzione tecnologica di cui godiamo, quantomeno non nello stesso breve tempo.
Anche per questo in quasi tutte le organizzazioni sociali esiste una gerarchia e un’autorità che prende forza dal rispetto della gerarchia e dall’adesione al gruppo sociale. Perché l’obbedienza all’autorità fa comodo alla maggioranza dei membri dell’organizzazione. Per esempio, perché le informazioni fornite da un’autorità riconosciuta sono un’utile scorciatoia per decidere come comportarci in diverse situazioni.
Chi ha autorità è sempre il migliore, il più meritevole, ha sempre ragione e non sbaglia mai?
No, naturalmente, in primo luogo perché siamo esseri umani, in secondo luogo perché l’autorità comporta responsabilità, ma anche vantaggi e privilegi che attirano l’interesse anche dei peggiori, di coloro che cercano ruoli di autorità per i privilegi che comportano. Ma non vogliamo approfondire qui il tema dell’autorità, dell’efficacia della selezione e della formazione per questi ruoli e delle strutture sociali esistenti e possibili. Sono temi ampi quanto interessanti.
In realtà abbiamo iniziato dall’autorità per parlare dell’autorevolezza.
Cos’è l’autorevolezza?
È una qualità riconosciuta a chi dimostra di essere competente, consapevole e abile in un ambito definito, ma anche a chi dimostra saper coinvolgere e influenzarne il comportamento degli altri. L’autorevolezza non è implicita nell’autorità, ma può affiancarla dove chi ha l’autorità si dimostra capace e competenze e sa influenzare gli altri senza ricorrere ai poteri direttivi dell’autorità.
La differenza tra autorità e autorevolezza è quella che esiste tra un capo e un leader. Il capo comanda, il leader influenza attraverso l’espressione di una serie di qualità che trasmettono agli altri una concreta percezione di competenza, capacità, controllo, comprensione, coscienza, efficacia, energia, capacità di decidere e molto altro.
Per dimostrare la propria autorità è necessario dimostrare di possedere/ricoprire lo status sociale/aziendale relativo, mentre per dimostrare autorevolezza è necessario comunicare/interagire con gli altri e dimostrare costantemente le qualità che ci rendono un riferimento.
Mentre l’autorità non richiede particolari abilità comunicative, l’autorevolezza richiede la comprensione e l’abilità di comunicare in modo efficace e coinvolgente. Quindi la capacità di ascoltare gli altri, di esprimere empatia e comprensione, di saper gestire i conflitti, di instaurare rapporti positivi e utili.
Quindi per ottenere autorevolezza agli occhi degli altri, che sia la famiglia, i colleghi, gli amici, i clienti, eccetera, è necessario:
possedere competenze e meriti
dimostrarli costantemente
comunicarlo nel modo più efficace
Si può fingere autorevolezza?
Sì, naturalmente, si può usare dialettica, psicologia e comunicare a livello emotivo per apparire più autorevoli di quello che dovremmo essere, ma solo per breve tempo. Perché l’autorevolezza richiede comunicazione e dimostrazione costante delle qualità che ci rendono autorevoli, quindi se non siamo competenti, esperti o meritevoli, in breve tempo verremo scoperti e ridimensionati.
Concludendo, mentre l’autorità si acquisisce con l’assunzione di uno status rilasciato di solito da un’autorità superiore (es: stato, azienda, chiesa, ecc), che si abbiano o meno capacità, meriti e competenze superiori, l’autorevolezza si ottiene dimostrando costantemente le proprie capacità e competenze attraverso la comunicazione e costruendo relazioni positive.